Smalti di De Poli
E' un conforto nella mia vita, - poiché è stato anche uno
scopo al quale ho dedicato molto di me stesso, - ricordare attraverso
tanti episodi l'apparire, lo svilupparsi, e l'affermarsi di quelle
produzioni d'arte italiana moderna, fra le quali singolarmente eminenti
gli smalti di Paolo De Poli, produzioni che, maturando, si sono
inserite poi nelle espressioni medesime del nostro amato paese, e che
oggi lo rappresentano degnamente ovunque, ed hanno contribuito a creare
nell'intero mondo moderno quel riconoscimento delle arti italiane
moderne che tanto ci onora.
Quegli episodi fanno parte della mia vita per due versi, e
simultaneamente. Un verso è quello dell'arte, l'altro è
quello umano. Ed io non li so scindere.
E' raro infatti che io abbia pubblicate e commentate delle cose d'arte
in «Domus» o in «Stile», o le abbia presentate
nelle Triennali di Milano, o nelle altre esposizioni che ho organizzato
all'estero e in Italia, o che le abbia impiegate nelle mie opere
d'architettura o d'arredamento - dagli edifici alle grandi navi, e che
queste cose non fossero assieme ad una testimonianza d'arte, una
testimonianza d'una cara consuetudine con gli artisti.
Uno degli uomini a me più cari e che reputo uno fra i più
valorosi maestri nell'arte sua fra quanti ho conosciuto nell’operare,
è Paolo De Poli, lo smaltatore padovano al quale sono legato da
tante opere o iniziative comuni, dai pannelli per la Facoltà di
Padova a quelli per il Conte Grande, per il Conte Biancamano, per il
Giulio Cesare e per l'infortunato Andrea Doria, fino ai mobili che
piacquero a De Pisis e a Daria Guarnati.
Io sono poi ancor più legato a De Poli dal favore che egli mi ha
tanto spesso concesso, secondando una passione irreprimibile della mia
vita, di cercare delle forme per i suoi smalti e di eccitarlo a creare
con la sua eccezionale esperienza - come egli è magistralmente
riuscito - quelle gamme che ci incantano tutti, dei suoi azzurri
trasparenti e profondi, argentati e lunari, con i quali ha coperto
animali e vasi che avevo pensato per lui, trasponendoli in
un’espressione poetica. Oltre però che dall'ammirazione per la
sua tranquilla maestria e fedeltà all'arte difficile e sapiente
dello smalto, io gli sono legato dal conoscere da tanti anni la sua
amicizia sicura, fedele, la sua grande bontà; la sua dirittura,
e lo spirito e l'animo suoi, mondi da ogni pensiero malizioso.
Ma c'entra questo in una presentazione d'arte che dovrebbe essere di
critica d'arte? Voi sapete la mia teoria: l'arte è la
espressione di un uomo, e noi la riguardiamo come tale. Non diciamo ad
esempio d'uno smalto che «è un De Poli»? o d'un
vetro che «è un Venini»? E la cosa si estende a
tutte le arti: è sempre la testimonianza d'un uomo. Ma
così dicendo, e l'arte sia pur l'arte, di qual conforto vitale
è, mirandone il frutto, il veder rappresentata in essa anche la presenza d'un uomo
giusto!
Nella sua grande fiduciosa amicizia, De Poli mi consente perfino di
scrivere qui dove dissento affettuosamente da alcune sue nostalgie.
Egli ha la nobile nostalgia della pittura che praticò agli inizi
secondo la scuola di Trentini, e ciò lo induce a volte a deviare
la magia dello smalto, questa materia che è sufficiente
espressione d'arte come materia, verso l'interpretazione o la
trasposizione in smalto di pitture o sue o di altri, o di cimentarsi
pure in interpretazione di sculture. Comprendo, pur dissentendone in
linea concettuale, questo suo hobby che dipende poi dal fatto che egli
è tal maestro nell’arte dello smalto da essere tentato da ogni
prova, poiché lo smalto non ha misteri per lui, e gli riesce di
interpretare de Pisis, Saetti e Severini o il gigantesco gallo di
Mascherini.
Ma, a mio parere, dove egli impiega la sua esperienza e il suo estro
nel puro smalto, il risultato è ineccepibile e insuperabile, e
qui lo si riconosce maestro.
Certe cose s'incamminano per un loro destino. Fu un bel giorno, nel
1933, venticinque anni fa, quando nessuno
in Italia si interessava all’arte dello smalto, che De Poli ci
si è buttato, primo in Italia, ed unico per tanto tempo. Era la
sua vocazione.
Se ora altri smaltatori sono sorti da noi, e c'è un'arte
italiana dello smalto, ciò è dovuto a De Poli, alla
strada che ha affrontato ed ha seguito con fedeltà, all'esempio
della sua tecnica ortodossa, alle sue affermazioni sicure, alla stima
ed alla ammirazione che si è guadagnato. Ed anche di ciò
gli dobbiamo essere grati.
Ora s'è raccolta in queste pagine una testimonianza del suo
lavoro e della sua maestria. Non sono una «produzione»,
sono lo specchio di una vita proba d'artista, di una vocazione che ha
incontrato la sua espressione moderna in un'arte difficile, antica e
bellissima, quello dello smalto.
Queste pagine onorano De Poli.
Giò Ponti
Gli smalti di De Poli sono su rame, che egli trae e rimodella
battendolo da lastre di due millimetri. La bellezza della superficie
è da lui ottenuta per successive cotture a 900 gradi, con
sapiente sovrapposizione di smalti.
I suoi forni giungono alla dimensione di cm. 40 x 60: le composizioni
dei vari pezzi, hanno raggiunto le più grandi dimensioni che
crediamo nessuno abbia affrontato finora.
da Giò Ponti: Smalti di De Poli,
edizioni Daria Guarnati, Milano, 1958,.