PAOLO DE POLI NEL VENETO di Guido Perocco

L'arte applicata a Venezia ha una posizione di privilegio perchè l'artigiano sa che una città così singolare è nata e si mantiene in vita dall'opera delle sue mani in tutte le varie espressioni. Passano le epoche e gli stili, ma il grande atteso è sempre l'artigiano, che ha il potere di rinnovare un patrimonio secolare. La storia del vetro e del mosaico a Venezia, è legata alle vicende dei singoli artigiani. A periodi di splendore, forse unico nella storia dell'arte, succedono periodi di crisi in attesa appunto che venga la mano di un altro artista che senta la vocazione per una materia, la elegga come una sua unica espressione vitale delle capacità creative della fantasia.

Dopo le stagioni meravigliose del mosaico delle volte dorate di San Marco durante il Trecento, avviene nel Quattrocento una crisi di mosaicisti, per cui lo stesso governo della Repubblica di Venezia chiede a quello di Firenze la collaborazione di mosaicisti fiorentini: un prestito geloso e preziosissimo. Nel 1425 è documentata, fra gli altri, la presenza di Paolo Uccello tra i mosaici di San Marco a Venezia.
Lo stesso è avvenuto nel vetro artistico di Murano, in un'isola toccata dalla sorte, dove sembra che l'arte del vetro sia sorta spontaneamente dalle acque. Il grande atteso è sempre l'artigiano-artista.
Così è stato anche per l'arte dello smalto. La Pala d'Oro sopra l'altare di San Marco, nel centro ideale della Basilica, testimonia la predilezione del tutto particolare che Venezia ebbe per lo smalto, una materia unica per la sua bellezza, come pietra preziosa che nasconde nello splendore dei riflessi una magia misteriosa. Nell'epoca moderna un ritorno all'arte dello smalto si deve all'intuizione e alla intelligenza di un artista singolare che affiora miracolosamente nell'arte veneta: Paolo De Poli. Una vera e propria vocazione, come afferma giustamente Giò Ponti. Ecco le sue parole: «Certe cose s'incamminano per il loro destino. Fu un bel giorno, nel 1933, quando nessuno in Italia si interessava nell'arte dello smalto, che Paolo De Poli ci si è buttato, primo in Italia, ed unico per tanto tempo. Era la sua vocazione. Se altri smaltatori ora sono sorti da noi e c'è un'arte italiana dello smalto, ciò è dovuto a De Poli».

Dal momento di crisi di fine Ottocento delle arti figurative e delle arti applicate doveva rifiorire nel nostro secolo una nuova scoperta di valori che meritatamente possano essere chiamate vocazioni. Fu così per Gino Rossi, Arturo Martini, Vittorio Zecchin nella prima generazione e poi nella seconda per Carlo Scarpa, Paolo Venini e Paolo De Poli.
Non si potrebbe comprendere la Venezia moderna senza questi artisti che si presentarono all'arte nel 1910 e rispettivamente nel 1930.
Gino Rossi come pittore nuovo appare subito con colori che hanno il sapore e la predilezione dei mosaici e degli smalti sui toni verdi e sui blu: essi sembrano essere tratti con virtù miracolosa dai mosaici e dalla Pala d'Oro di San Marco. Dalla «Fanciulla del fiore» del 1908 agli ultimi dipinti del 1924 di Gino Rossi il colore ha un lucido splendore, fermo ed incantato, che testimonia il fascino di queste due materie così profondamente legate a Venezia. Arturo Martini possiede come scultore una insaziabile avidità di tentativi negli indirizzi più diversi: una irrequietezza che proviene dal genio. Dalla scultura passa alla grafica ed alla ceramica apportando in questi diversi campi stimoli vitali. Vittorio Zecchin dalla sua straordinaria pittura passa al vetro di Murano, e crea tra le più belle opere dell'epoca moderna. Prima dipingeva fatate principesse avvolte con ghirlande di fiori in un Oriente immaginario, poi tramuta questa suprema eleganza nel vetro.
Lo stesso avverrà per Paolo De Poli. Prima di tutto, per alcuni anni, pittore e come tale impegnato anche nelle grandi mostre e poi presente per dodici Biennali di Venezia e dieci Triennali di Milano come artigiano di gran classe nell'arte dello smalto. De Poli come pittore era stato accolto alla Biennale nel 1926, a ventuno anni, con un dipinto intitolato «Nel mio Studio», in una sala dove figuravano, tra gli altri, alcuni giovani come Fioravante Seibezzi di Venezia e Francesco Menzio di Torino.
Tanto Vittorio Zecchin quanto Paolo De Poli furono spinti per vocazione dalla pittura alla materia prediletta: il vetro per l'uno lo smalto per l'altro. Avevano inteso che la pittura per loro non bastava più: era necessaria una materia del tutto particolare che nella sua trasformazione realizzasse un sogno lungamente perseguito. Nel 1932 viene istituito alla Biennale il «Padiglione per le arti decorative». Si può dire che questo padiglione costituisce il punto d'incontro più importante a Venezia di vetri e di smalti artistici accanto ad altre opere d'arte applicata. La stessa predilezione prima per la pittura e poi per l'arte applicata di Paolo De Poli è anche testimoniata nella partecipazione nelle mostre giovanili della Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia, per molti aspetti in antagonismo con le prime Biennali. De Poli prima, nel 1931, partecipa a quelle di pittura; poi, nel 1934, a quelle d'arte decorativa; e oltre a quelle del 1931 e del 1934, è presente nelle mostre annuali del 1937, 1943, 1947, 1948, 1949, 1950, 1952, e poi in alcune mostre personali.
Dal clima delle mostre veneziane e da quelle della Triveneta di Padova, che avevano luogo puntualmente sotto la grande volta del palazzo della Ragione, l'artista si prepara negli impegni di grande risalto delle Triennali di Milano e nelle numerose mostre personali tenute in tutto il mondo. I due punti fermi nella carriera artistica di De Poli restano le Biennali di Venezia e le Triennali di Milano.
Per quanto riguarda Venezia, non potremmo ricostruire l'apporto delle arti applicate nell'epoca moderna senza alcuni contributi straordinari: per primo quello di un architetto come Scarpa anche nell'opera specifica del vetro e soprattutto nella evoluzione del gusto in ogni suo suggerimento nel campo artigianale; poi quella di un raffinato conoscitore del vetro, come Paolo Venini; ed infine di un artista dello smalto come Paolo De Poli.

Essi non sono lontani uno dall'altro: spesso si presentano insieme alle mostre pur con materie diverse, vetrina con vetrina, opere in vetro ed opere in smalto, in un piano estetico frutto di intelligente lavoro da pionieri, ciascuno consapevole degli apporti nuovi nei singoli campi di lavoro. Vediamo Carlo Scarpa con i suoi piccoli disegni che a mano a mano lievitano ed ingigantiscono l'idea; Paolo Venini con il suo gusto del vetro; Paolo De Poli da conoscitore straordinario del colore lucido e dello smalto fino ai limiti della magia.
Alle Triennali di Milano si era creata negli stessi anni una tensione di impegni simili a quella delle Biennali di Venezia mediante stimoli diversi tra artisti, artigiani ed architetti per merito soprattutto di personalità di primissimo piano, Giò Ponti, che ebbe con Paolo De Poli una collaborazione assidua ed una profonda amicizia, animata da una comune fede per l'arte.
Le mostre Trivenete di Padova hanno un compito regionale di prim'ordine e vanno ricordate per dare un senso corale a tutta l'attività artistica della città che gode di una nobilissima tradizione. Proprio perchè a Padova vi sono dei raccordi tra arte antica e moderna che costituiscono dei punti fermi, specie per ispirare un'arte così preziosa ed aristocratica come quella dello smalto. Non sapremmo pensare l'arte di De Poli senza Venezia e senza Padova, e a Padova appunto senza i cieli della cappella degli Scrovegni, quelli di Mantegna degli Eremitani ed infine quelli del Palazzo della Ragione. Perchè lo smalto ha una continua necessità di misurarsi con la pittura antica, anche se la Padova moderna ha dato parecchi punti di lavoro all'artista, specie nel centro di tutte le sue attività intellettuali, l'Università.
Vengono subito in mente i cartoni ed i pennelli in smalto per i due fondatori dell'Università di Padova, il Podestà Giovanni Rusca da Como ed il Vescovo Giordano, compiuti nel 1941 in un momento creativo tanto importante per Padova per merito di un committente molto geniale quale fu Carlo Anti e d'un architetto, unico nel suo genere per la facoltà di comunicare il suo entusiasmo agli artisti a lui vicini, come Giò Ponti. Paolo De Poli fu assieme giorno per giorno all'architetto in quest'epoca sotto un certo aspetto indimenticabile per la città degli studi, la città di Giuseppe Fiocco, di Sergio Bettini, di Concetto Marchesi e di Manara Valgimigli, ma anche importantissima per la creazione dell'arte moderna nei nuovi apporti, tra i quali vanno segnalati quelli originali degli smalti di De Poli e le opere di Campigli, Martini, Saetti, Severini, De Pisis, Mascherini, Zancanaro, Fasan, Strazzabosco, Morato, Pendini e Parnigotto per fare qualche nome.
In questo clima possiamo segnare alcune ricerche nuove dello smalto per la collaborazione di artisti che offrono uno spunto per pannelli, polittici, nature morte, sculture. Dalla frequentazione di questi artisti nasce una continua lotta di superamento della materia nel tentare nuove forme. Esse si iniziano con il purismo di Le Corbusier, ma non insensibile ad una eleganza alla Wienerwerkstatte e ad un neoclassicismo italiano del Novecento. Le forme degli smalti, spesso indirizzate dalla mano di Giò Ponti, conservano intatte le cadenze di alcune contemporanee ricerche di architettura. Altre guardano in controluce artisti come Mascherini, Saetti e Severini; alcune ricordano le linee pure di Arp, ma in De Poli c'è sempre l'esperienza del pittore che agisce nel sottofondo non senza una nota geniale e scanzonata, pregna degli umori della ceramica e della scultura di Arturo Martini. E tra questi artisti che sentiamo oggi unito un artigiano veneto come Paolo De Poli, la cui strada passa per la pittura, ma ha bisogno soprattutto dell'incantesimo dello smalto.
Un semplice oggetto di rame, se smaltato, acquista uno splendore imprevisto dopo la fusione della materia vitrea, la sua trasformazione tanto più incantevole in quanto conserva intatta la natura stessa del metallo, come il fondo lucido e dorato del rame. All'inizio si è sorpresi dalla meraviglia tra quello che sa compiere l'opera dell'uomo e quello che invece rivela quasi misteriosamente la natura. Una ciotola dalle forme lineari diventa qualcosa d'altro, un frammento prezioso di una valva marina o di un banco di corallo: la fantasia deve essere sempre tesa nello scoprire questi nuovi valori estetici che danno vita alle forme, realizzate con la pazienza, l'umiltà e l'insistenza di chi ama fino al fanatismo il proprio lavoro.
De Poli ha le doti di un antico maestro: una pazienza forte come una fede. Ha iniziato la sua attività con smalti su targhette metalliche, rese preziose mediante l'accostamento di alcuni toni pittorici; poi è passato alle ciotole più semplici ai vasi più impegnativi, ai piatti, alle vaschette, scatole, piccoli quadri, grandi decorazioni murali, mobili con superfici istoriate, caminetti, pezzi unici per collezionisti, animali e grandi opere a tutto tondo.
L'arte dello smalto, specie se a forte rilievo, ha permesso talvolta di raggiungere nuovi effetti mai prima tentati, inserendo spessori diversi per ottenere alcune tonalità più splendide e nitide.
Lo smalto di De Poli tende all'unità di concezione nella varietà delle forme: così l'artista ha cercato di modulare da alcune forme semplici gruppi di oggetti ideati secondo lo stesso principio informatore. Dalla linea di un vaso è riuscito a ritmare quella di un piatto, poi quella di una ciotola, di una coppa o di una bottiglia. Altre creazioni nella vitrea preziosità della materia arrivano perfino al capriccio e, fantasia per fantasia, le forme si accostano ai suggerimenti più impensati della natura: dalle ali iridescenti delle libellule, alle superfici traslucide della madreperla, alla tattile fragilità delle foglie secche.
Il fuoco compie la sua parte dell'opera quasi magica della fusione, quando la materia passa dallo stato fluido a quello cristallino assumendo contemporaneamente la diafana lucentezza del corallo e le fonde penombre delle pietre dure. Non possiamo negare che l'artista non resti allucinato dalla bellezza della materia e della sua metamorfosi. Importante è dominarla al momento giusto prevedendo ogni effetto con calcolata modernità di stile, regolando le figure delle superfici, la modulazione delle linee, il taglio della composizione, la plasticità delle forme, per ottenere alcune opere d'arte che conservano un fascino inconfondibile.

in L'Arte dello Smalto: Paolo De Poli, 1984