RIPRODUZIONE DEL SUONO DELL'ORGANOA CANNE MEDIANTE ORGANI ELETTRONICI

GIOVANNI BATTISTA DEBIASI

L'idea di uno strumento musicale in cui i suoni siano prodotti per via elettrica risale a quasi un secolo fa, e con i progressi sempre più rapidi dell'elettronica e dell'elettroacustica si è giunti, negli ultimi decenni, alla costruzione di strumenti assai perfezionati, molti dei quali oggi vantano una notevole diffusione.

La questione della "musica elettronica" è effettivamente assai interessante sotto molteplici punti di vista: fisico, ingegneristico, artistico, economico e forse anche psicologico. Da qualsiasi punto di vista la si voglia considerare, si finisce però col rilevarne due aspetti fondamentali e ben distinti: l'uno concerne l'imitazione elettronica di strumenti già esistenti, l'altro la creazione di strumenti diversi da quelli tradizionali, che offrano nuove possibilità di espressione artistica.

Questo secondo aspetto del problema mi offre lo spunto per una osservazione un po' singolare.

Nel secolo appena trascorso si è cercato più volte di attuare strumenti musicali, basati su tecniche elettroacustiche, che consentissero di fornire ai musicisti risorse nuove; tutti, però, ebbero scarso successo e limitata diffusione. Invece uno strumento elettroacustico, dichiaratamente inteso ad imitare, ed eventualmente sostituire, l'organo a canne non riuscì in tale inento, ma ebbe una vasta diffusione ed utilizzazione: si tratta del così detto "organo Hammond" che trovò applicazione soprattutto nella musica leggera.

L'aspetto relativo alla imitazione di strumenti già esistenti, fallito con l'organo Hammond, riveste tuttavia grande interesse per l'ingegnere, soprattutto nei casi in cui a considerazioni di carattere speculativo si affianchino motivi economici e pratici, come nel caso dell'imitazione elettronica dell'organo a canne. Infatti l'elevato costo di questo strumento, il suo notevole ingombro, la sua spesso onerosa manutenzione possono rendere in molti casi desiderabile la costruzione di strumenti elettronici capaci di eguali prestazioni, ma di costo, ingombro e oneri di manutenzione più limitati.

Senza addentrarsi in questioni di carattere artistico, per le quali non si ha la specifica competenza, ci si propone di esaminare nel seguito alcuni dati di fatto ed alcuni aspetti propri dell'organo a canne, nonchè le possibilità proprie delle imitazioni elettroniche per cercare di porre in termini ingegneristici le caratteristiche essenziali di entrambi gli strumenti, i motivi di insuccesso di talune imitazioni elettroniche e alcune delle possibili maniere per porvi rimedio.

Dal punto di vista acustico, la principale caratteristica di un organo a canne risiede probabilmente nel fatto che la gamma di frequenze occupata dai suoi così detti registri può estendersi dai 16 ai 16 ooo Hz, coincidendo quindi con quella mediamente udibile dall'orecchio umano: neppure un'orchestra, generalmente, arriva a tanto. Si indica con il nome di "registro" un insieme di canne che forniscono i suoni di una scala musicale aventi un timbro determinato e caratteristico e spesso corrispondente alla imitazione di un dato strumento musicale.

In secondo luogo, mentre alcuni registri emettono un suono quasi completamente privo di armoniche (per es. Flauti), in altri (per es. Cromorno) il suono contiene armoniche sino all'ordine cinquantesimo ed oltre.

La possibilità di far suonare assieme più registri di dimensioni diverse (come, per es., nel Ripieno e nel Tutti, detti anche "misture"), fa sì che in tali condizioni le armoniche presenti in una qualunque nota possano superare la cinquantina e che quella più elevata possa raggiungere od oltrepassare il 100° ordine; nello spettro risultante, in questo caso, appaiono di notevole ampiezza alcune armoniche di ordine elevato, provenienti dal contributo dei registri di minori dimensioni, mentre altre, proprie di registri di dimensioni maggiori, sono assai attenuate o mancano completamente. Le misture offrono, quindi, il mezzo per ottenere spettri acustici molto particolari, non ottenibili per altra via e suscettibili di determinare sensazioni acustiche ed artistiche secondo il gusto e la sensibilità dell'intonatore dello strumento. Si può anzi affermare che, mentre il timbro dei registri che imitano qualche strumento musicale ha caratteristiche, per così dire, obbligate, le misture possono mettere in evidenza le capacità artistiche del costruttore e dell'intonatore.

Analizzando le note di Ripieni di organi acusticamente rinomati, si trova inoltre che, nel passaggio dalle note più gravi alle più acute, i loro spettri acustici non restano simili fra loro, ma variano, quasi come secondo un formante, per lo più corrispondente a quello caratteristico degli antichi violini italiani più famosi o della voce umana. Si interpreta tale fatto, artisticamente ritenuto pregevole, pensando che l'intonatore dello strumento l'abbia deliberatamente voluto ottenere mediante l'uso di misture atte a rinforzare le frequenze comprese entro intervalli ben determinati. L'esistenza di questi "pseudo-formanti" è già stata studiata in una ricerca, effettuata presso questo Dipartimento nel 1998, ed è assai probabile debba verificarsi specie per i registri che intendono imitare strumenti il cui suono viene emesso secondo un formante vero e proprio. Di questa ricerca è stata data notizia in una pubblicazione del 1998 effettuata a cura dell'Istituto Centrale per il Restauro per conto del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali ed avente come titolo "Indagini scientifiche sul suono". In questa pubblicazione, particolarmente dedicata al suono dell'organo a canne, sono stati esaminati i problemi relativi alla registrazione dei suoni, alla individuazione della loro frequenza media e della loro intensità ed alla valutazione del loro timbro secondo un metodo originale di rappresentazione grafica; si è inoltre introdotto il concetto di "microvariazioni" dei suoni fornendo criteri e metodi per la loro individuazione. Vengono definite "microvariazioni" dei suoni quelle fluttuazioni, generalmente di tipo casuale o frattale, della frequenza e dell'ampiezza delle varie componenti spettrali che si traducono in fluttuazioni della forma e della durata delle onde dei segnali. Il nome "microvariazioni" assegnato a tali fluttuazioni è stato scelto allo scopo di distinguerle da quelle imposte intenzionalmente ai suoni per ottenere effetti di tremolo, vibrato, portamento e simili. I fenomeni legati alle microvariazioni, abbastanza trascurati per il passato, stanno ora riscuotendo sempre maggiore interesse in vista di poter perfezionare la conoscenza dei suoni naturali e di poter sintetizzare con maggiore naturalezza i suoni degli strumenti tradizionali e della voce. Per la fedele imitazione elettronica di un organo a canne la raccolta di copiosi dati su tale argomento e per ogni specie di registri risulta indispensabile, e costituisce uno dei problemi che restano in gran parte da risolvere, sia nel riguardi della conoscenza dell'organo a canne stesso, sia nei riguardi della corretta progettazione di una sua imitazione.

Nell'organo a canne ogni canna è un generatore di suono indipendente dagli altri ed è solo l'abilità dell'organaro che consente che le canne, che forniscono i suoni di una scala musicale e che formano un registro, siano simili tra loro in modo da richiamare il timbro di un dato strumento: per esempio flauto, oboe, tromba, etc.. Però esistono inevitabilmente piccole differenze di intonazione tra le canne di un dato registro e ciò, più che costituire un difetto, rappresenta un pregio che evita che i suoni prodotti risultino del tutto uniformi e che conferisce ad essi una piacevole vivacità.

Notevole interesse rivestono poi alcune altre osservazioni di carattere generale.

Sembra utile ricordare, a questo punto, che le canne d'organo si possono dividere in due grandi famiglie: le così dette canne "labiali" e le canne ad ancia. Le prime sono costituite da tubi acustici nei quali un getto d'aria, uscente da una fenditura formata dal così detto labbro inferiore e dalla così detta "anima", va a frangersi contro il così detto labbro superiore generando un rumore ricco di armoniche, delle quali il tubo acustico seleziona quelle di lunghezza d'onda corrispondente a multipli della sua lunghezza e determina così altezza e timbro del suono generato.

Il suono delle canne labiali risulta spesso affetto da perturbazioni di carattere aperiodico più o meno irregolari, da riconnettere probabilmente con il regime di vortici più o meno stabile che si forma nella regione tra labbro inferiore e superiore. Questo fenomeno è particolarmente sentito nelle canne deì registri così detti "mordenti" e lo si sfrutta per conferire al suono quell'impressione di instabilità che si riscontra in quello degli strumenti ad arco.

Quando più canne della stessa nota, spesso non perfettamente accordate tra loro, suonano assieme, la mutua interazione che ne deriva dà luogo a fenomeni di battimento, importanti per la gradevole impressione di vivacità conferita al suono, che ricorda un fenomeno simile al "vibrato" della voce umana o degli strumenti ad arco.

Così si potrebbe spiegare la particolare bellezza di certi registri a più file di canne uguali (per es. "Concerto Viole") ed è significativo che questo effetto, artisticamente pregevole, si debba riconnettere ad una imperfetta accordatura, mentre quello precedentemente illustrato, pure artisticamente efficace, si riconnetteva a fenomeni di instabilità: in entrambi i casi siamo dunque di fronte, nell'organo a canne, a qualcosa di incerto e variabile, ma per questo appunto, si potrebbe dire, vivo.

Quanto detto vale per il regime permanente del suono. Quanto ai periodi transitori di attacco e di estinzione occorre aggiungere qualche, altro rilievo.

Agli effetti della determinazione del timbro di uno strumento, l'andamento del transitorio dì attacco assume un'importanza pari, se non superiore, al regime permanente; ciò specialmente quando si abbiano rapide successioni di note.

Per quanto riguarda l'organo, si può affermare che le canne ad ancia hanno un periodo transitorio di attacco assai breve: pochissimi periodi; inoltre la forma d'onda non varia rispetto a quella di regime.

Nelle canne labiali invece, il transitorio di attacco è piuttosto lungo: anche 0,5 secondi e più, specie nelle note più gravi; il suono aumenta gradualmente di intensità e la forma d'onda varia, in quanto prima vanno a regime le armoniche più alte, poi le più basse e la fondamentale. Però in queste canne la durata del transitorio può venire abbreviata dalla successiva rapida ripetizione della stessa nota o di note vicine, o dalla presenza di note consonanti: quindi la combinazione di registri usata influisce su tale durata, come pure la natura stessa del brano eseguito e le modalità dell'esecuzione. In qualche caso, durante il periodo transitorio, vengono pure emessi suoni preliminari nettamente inarmonici, di frequenza elevata che poi, a regime, scompaiono: essi sono assai importanti per gli effetti acustici a cui possono dar luogo, suonando con più registri inseriti si nota talvolta un gradevole effetto di percussione. È però controversa la questione se esso si debba attribuire alla prevalenza delle frequenze più elevate nei primi istanti del transitorio di attacco o ad una effettiva abbreviazione di questo dovuta a fenomeni di trascinamento delle canne che vanno lentamente a regime da parte di altre ad attacco più pronto. Il transitorio finale, assieme alla riverberazione dell'ambiente, è piuttosto nocivo, dando luogo a sgradevoli interferenze con i suoni successivi; tuttavia talvolta influisce ad accelerare l'emìssione di questi.

Infine è bene far notare come l'intonazione dell'intero strumento debba essere eseguita in funzione delle caratteristiche acustiche dell'ambiente a cui è destinato, in modo da correggerne, per quanto possibile, i difetti sfruttandone al massimo i pregi; così, in ultima analisi, strumento ed ambiente formano, dal punto di vista acustico, un unico complesso.

Nell'imitazione elettronica di un dato suono sono ammissibili alcune approssimazioni atte a renderla meno difficile e costosa. La più importante, forse, tra esse è data dalla possibilità di trascurare i rapporti di fase fra le diverse armoniche: studi anche recenti hanno infatti confermato che l'orecchio non è, in genere, capace di afferrare la diversità di tali rapporti. In secondo luogo è consentita anche qualche approssimazione (entro l'1 %) nella frequenza dei segnali atti a fornire le armoniche (o pseudo-armoniche) dei suoni da imitare.

Infine è pure accettabile una certa tolleranza in relazione alle loro ampiezze, dato che l'orecchio non avverte, nei suoni puri o complessi, modulazioni di ampiezza inferiori a tassi determinati.

Tenendo presenti queste premesse, risulta che la riproduzione elettronica di un suono assegnato si può ottenere, in sostanza, con tre diversi sistemi fondamentali. Il primo consiste in una semplice registrazione della forma d'onda del suono assegnato, per lo più su dischi o cilindri rotanti a velocità costante, esplorata da opportuni dispositivi trasduttori che la trasformino in un segnale elettrico corrispondente.

Il secondo sistema, invece, ottiene il suono per "selezione" delle sue armoniche da un segnale che inizialmente ne sia assai ricco. Si riproduce così per via elettrica, mediante circuiti risonanti o filtranti, detti circuiti di formante, ciò che accade in certi strumenti, ove suoni ricchi di armoniche assumono il timbro desiderato per mezzo di risuonatori meccanici atti ad esaltare od attenuare determinate bande di frequenza, fungendo così da "formanti" del suono.

Il terzo sistema, infine, è basato sulla "sintesi" del suono, ottenuto dalla miscelazione di più segnali sinusoidali, corrispondenti in frequenza ed ampiezza a fondamentale ed armoniche del suono da imitare.

Negli organi elettronici anteriori agli anni Ottanta, le tecniche analogiche allora generalmente impiegate ottenevano i suoni dei vari registri o con metodi additivi, relativi al terzo dei sistemi sopra ricordati, o con tecniche sottrattive, relative al secondo sistema, filtrando suoni ricchi di armoniche (impulsi, denti di sega, etc.); in questo modo, però, i suoni di un dato registro risultavano molto uniformi e simili tra loro, perdendo le caratteristiche di vivacità dei suoni dell'organo a canne che si intendeva riprodurre. Per evitare questo inconveniente e per conservare l'indipendenza dei vari suoni da generare, si pensò di ricorrere allora a un sistema fotoelettronico di generazione dei suoni. In tale sistema, come nella colonna sonora a profilo variabile a suo tempo in uso nelle pellicole cinematografiche, una forma d'onda disegnata per esempio, su una corona circolare di un disco rotante, veniva "letta" mediante un illuminatore ed una fenditura con fotocellula collocati da parti opposte del profilo di tale forma d'onda. Un primo miglioramento del sistema, che sembrò opportuno, consistette nel disegnare la forma d'onda entro una finestra fissa, "esplorata" periodicamente da un sistema di fenditure, collocate su una corona circolare di un disco rotante, in numero proporzionale alla frequenza del suono da generare. Ciascuna forma d'onda da generare è allocata in una propria finestra, dotata di un proprio illuminatore, e può corrispondere esattamente alla forma d'onda di una data canna. Un'unica fotocellula raccoglie i segnali luminosi di più finestre corrispondenti, per esempio, alle note di un dato registro. Accendendo l'illuminatore di una finestra, si ottiene dalla fotocellula un segnale elettrico corrispondente alla forma d'onda riprodotta nella finestra. Inoltre, modulando opportunamente il transitorio di accensione degli illuminatori, per ciascuna forma d'onda e' possibile ottenere un transitorio di attacco corrispondente a quello che si desidera riprodurre. Così si è ottenuto un sistema in cui tutte le forme d'onda delle finestre possono avere andamento e transitorio di attacco indipendenti, proprio come nelle canne d'organo. Ciascuna finestra può venire fatta corrispondere, poi, ad una canna ed al suono ad essa associato, con un'ottima riproduzione dell'organo preso come riferimento.

Questo sistema di generazione di suoni dava luogo ad un brevetto italiano del 1957 ed al brevetto tedesco "Lichttonorgel" del 1960; quest'ultimo come noto, garantisce la novità e l'originalità del sistema proposto.

Lo sfruttamento del sistema illustrato fu affidato ad una Ditta costruttrice di organi a canne che lo trovava particolarmente interessante per riprodurre i registri della pedaliera, molto costosi ed ingombranti. Tale Ditta, però, cessò la sua attivita' prima di giungere ad una realizzazione industriale del sistema. Tuttavia si costrui' un modello sperimentale che fu pubblicamente presentato ad una conferenza per l'AEI, con l'esecuzione di brani musicali a cura del compianto M°. Wolfargo Dalla Vecchia. Egli, con l'abilità che lo contraddistingueva, seppe ricavare il meglio dallo strumento, che gli ricordava i timbri di un organo barocco. Fece in proposito un'osservazione interessante. Suonando molti o tutti i registri simultaneamente, il forte assorbimento di corrente elettrica effettuato dagli illuminatori causava una caduta di tensione nel sistema di alimentazione, e questo rendeva più lunghi i transitori di attacco e meno forti i suoni prodotti: proprio come in un organo a canne di antica costruzione, nel quale i canali del vento siano sottodimensionati producendo gli stessi effetti: insomma sembrava effettivamente di suonare un vecchio organo barocco.

Sul sistema attuato con le tecniche analogiche dell'epoca non fu più effettuata alcuna ricerca sino all'avvento delle tecniche numeriche.

Queste nuove tecniche, verso l'inizio degli anni ottanta, resero agevoli nuove ricerche e nuove applicazioni per un più accurato sviluppo degli organi elettronici.

In primo luogo fu reso più facile e veloce lo studio del suono delle singole canne. Si individuarono e studiarono le fluttuazioni in ampiezza e frequenza del suono emesso, dette microvariazioni, e fu possibile stabilire alcune regole, di tipo frattale, applicabili ai suoni che si intendevano riprodurre con maggiore aderenza alla situazione reale. Divenne poi molto più comodo ed economico riottenere con fedeltà i transitori di attacco dei suoni e le loro modificazioni in caso di note ribattute, cioè ripetute con la massima velocità possibile. Si individuarono, negli organi a trasmissione meccanica, i legami tra tali transitori e le modalità di esecuzione, cioè i legami con il così detto "tocco" dell'organista e fu possibile riprodurre anche questi legami. E' ora allo studio un tipo di tastiera che sia in grado di dare all'esecutore le stesse sensazioni tattili di una tastiera meccanica, completando così la corrispondenza tra le prestazioni di un organo elettronico e quelle di un organo a canne con trasmissione meccanica, talora preferito a quelli con trasmissione elettrica.

Possiamo indicare tale tipo di tastiera con la denominazione di "tastiera attiva", in quanto la risposta tattile desiderata si può ottenere mediante un opportuno motore applicato a ciascun tasto ed attivato, in base a velocità e pressione impressi dall'esecutore, in conformità a dati memorizzati corrispondenti a situazioni tipiche. L'interesse di questo tipo di tastiera è di carattere del tutto generale, in quanto si possono memorizzare situazioni relative al tocco organistico, a quello clavicembalistico, a quello pianistico (con "personalizzazioni" relative ai diversi modelli di pianoforte) e così via. Quindi lo studio di tale tastiera, ora appena all'inizio, si prospetta di ricchissimo interesse sia teorico, sia applicativo. E' da notare però, che la trasmissione meccanica pone il vincolo che le canne si trovino in prossimità delle o delle tastiere: spesso si trovano sopra, ai lati e dietro l'esecutore. La trasmissione elettrica, invece, consente di porre i vari corpi dell'organo, spesso corrispondenti ciascuno ad una tastiera, in posizioni anche lontane dall'esecutore, ottenendo effetti di "spazializzazione dei suoni" altrimenti irraggiungibili.

Per ottenere questi effetti nel caso degli organi elettronici è necessario adottare un elevato numero di trasduttori elettro-acustici (altoparlanti) posizionati in maniera adeguata. Si può partire da un minimo di 8 altoparlanti; il loro numero deve essere pari qualora si voglia ottenere il così detto effetto "ping-pong", che consiste nel fatto che, in molti organi, le canne delle note pari suonano da un lato, quelle delle note dispari dall'altro. Suddividendo gli altoparlanti in due gruppi collocati da parti opposte, è facile far emettere i suoni delle note pari da un gruppo, quelli delle note dispari dall'altro. Inoltre è necessario adottare un numero di altoparlanti non inferiore ad 8, in modo da distribuire su di essi le note della scala cromatica evitando che si generino battimenti, almeno tra le fondamentali delle varie note.

Rimane però aperto il fatto che, utilizzando gli stessi altoparlanti per diversi registri, è possibile che si formino battimenti tra le note di registri diversi: per questo occorre distribuire opportunamente le varie note e, possibilmente, dotare di propri altoparlanti i diversi registri. Una soluzione del genere potrebbe sembrare antieconomica. Tuttavia si deve notare che, comunque, volendo ottenere efficaci e realistici effetti di spazializzazione, non è possibile limitare eccessivamente il numero degli altoparlanti; inoltre la potenza totale viene distribuita su più diffusori, che possono venire dimensionati per potenze modeste, e così pure la banda delle frequenze da generare può venire suddivisa tra diversi altoparlanti, scelti ciascuno per un campo limitato di frequenze; tutto ciò consente di evitare il ricorso ad altoparlanti di notevole potenza ed a larga banda, notoriamente molto costosi, compensando così in buona parte la spesa per un numero elevato di diffusori.

Lo studio dei transistori di attacco dei suoni delle loro microvariazioni e della spazializzazione non fornisce risultati definitivi ed univoci. Anzi, si può affermare che, caso per caso, si avranno risultati diversi; essi, specie per quanto concerne i transistori di attacco e la spazializzazione, dipendono in buona parte dall'ambiente in cui i suoni vengono emessi. Si dovrebbe quindi cercare di analizzare i suoni delle canne, che si desiderano riprodurre, in modo da svincolarli il più possibile dagli effetti dell'ambiente circostante. Da qui ha origine lo studio di tecniche di ripresa adatte allo scopo; spesso si fa ricorso a microfoni fortemente direzionali, posti a breve distanza dai corpi sonori in esame, facendo eventualmente uso di schermi acustici opportunamente piazzati. E' adatto allo scopo anche l'impiego di schiere di microfoni. Inoltre si possono rilevare le caratteristiche acustiche dell'ambiente e cercare di correggere mediante programmi di calcolo basati su tali caratteristiche, i suoni registrati. Come si può dedurre da quanto detto sopra, lo studio del suono delle canne d'organo coinvolge problemi di non facile soluzione che talora continuano ad essere ancora in fase di studio; questo fatto rende spesso difficile ed incerta una loro buona generazione con mezzi elettronici.

Tuttavia, come si è già affermato in precedenza, le tecniche numeriche di elaborazione consentono di superare con meno difficoltà i problemi sopra illustrati. La via più semplice, anche se forse non più economica, consiste nell'attuare un modello numerico fedele dello strumento a canne da riprodurre. Possono venire memorizzati in forma numerica i suoni di ciascuna canna, con i loro transistori di attacco ed, eventualmente, di estinzione; questi ultimi però non hanno molto interesse, in quanto dipendono quasi totalmente dall'ambiente e non si possono ritenere peculiari di una data canna. Inoltre si possono introdurre algoritmi atti a modificare i suoni in relazione a situazioni particolari, come le note ribattute, la loro dipendenza dal tocco, e così via. Particolare cura si dovrà porre nella distribuzione dei suoni tra i vari diffusori per ottenere gli effetti di spazializzazione desiderati e per evitare i più disturbanti effetti di battimento a cui si è accennato sopra. Questo risultato si raggiunge in maniera soddisfacente, se si evita di generare battimenti del primo ordine (cioè tra frequenze vicine) nella catena amplificatore-altoparlante.

Inoltre, specialmente nelle chiese, gli organi a canne sono spesso formati da varie unità, generalmente facenti capo ciascuna ad una tastiera e dislocate in posizioni diverse nell'ambiente, e questa disposizione può venire senz'altro riprodotta, anche con maggiore facilità, con gli organi elettronici.

In definitiva si può concludere che gli organi elettronici, se costruiti con il dovuto impiego di mezzi, possono riprodurre perfettamente gli organi a canne.

Verrebbe ora da chiedersi per quale motivo gli organi elettronici non sostituiscano, almeno nelle nuove costruzioni, gli organi a canne rispetto ai quali possono risultare anche oltre qualche centinaio di volte meno costosi.

Fondamentalmente possono valere le considerazioni seguenti.

Un organo a canne in una chiesa, dove viene per lo più installato, costituisce, per così dire, un elemento architettonico della chiesa stessa e rimane ad essa indissolubilmente legato. Può venire rimodernato nella parte meccanica, ma le sue canne durano nei secoli: esso rappresenta un investimento duraturo ed è un elemento caratterizzante della chiesa stessa.

Un organo elettronico può essere enormemente meno costoso, ma è di durata limitata: non molto di più del periodo di reperibilità dei suoi componenti. E' adatto ad essere installato in chiese di nuova costruzione, in attesa di poter adottare uno strumento a canne; è ottimo per sale da concerto in quanto puo' essere ricchissimo di timbri mentre la sua durata è meno importante, in quanto essa è paragonabile all'intervallo tra le trasformazioni che la sala puo' subire.

Inoltre è adattissimo per l'attivita' di studio, come nei conservatori di musica e nelle case private.

Per tentare di giungere a una conclusione, si può affermare che si dispone di tutte le conoscenze e di tutti i mezzi per riprodurre perfettamente gli organi a canne mediante organi elettronici. Tutto ciò non costituisce, però, un'insidia all'organo a canne che, in ogni caso, è destinato a rimanere, tra gli strumenti musicali, il re.