LO SMALTO: TECNICHE E STORIA. Testo
di Pier Luigi Fantelli. (parte terza)
SMALTO TRASLUCIDO E DIPINTO. Alla
tecnica dello smalto dipinto appartiene la <bassetaille> o smalto traslucido, ottenuto quando si opera su di una lastra in argento
od oro, mediante incisione a bassorilievo. Su questo disegno si applica
uno strato di smalto trasparente che permette al disegno di trasparire. Più
strettamente pittorica è invece l'operazione dello smalto dipinto vero e
proprio, che può anch'esso essere trasparente od opaco. Per lo smalto
traslucido si usa in genere una placca di rame di circa 3-5 millimetri di
spessore, resa convessa (bombata) con battitura per rafforzarla ed
impedire il più possibile la deformazione dovuta alle successive cotture.
Si sgrassa quindi con acidi e si passa su di essa una spolverata di smalto
fondente che, cotto, costituisce la base della pittura. Su di essa si
opera direttamente con un pennello, e colon vetrificabili; oppure vi si
stende una foglia d'argento gualcita e perforata onde consentire all'aria
sottostante di fuoriuscire e favorire cosi la dilatazione. La foglia ha la
funzione di differenziare la base coloristica, generalmente intonata in
rosso per essere in rame: Si otterranno sfumature particolarmente fredde e
lunari. I colon impiegati nello smalto traslucido sono anch'essi ossidi
metallici, reagenti in differenti modi al fuoco ed ognuno con un proprio
grado di cottura. Di questo fattore è necessario tener canto nella
stesura, partendo quindi dai colon con grado di fusione più elevato che,
essendo poi traslucidi, interagiranno tra loro per riflessione. Per
effetti più naturalistici viene utilizzato, soprattutto in Francia, il
così detto <blanc de Limoges>, che viene realizzata su fondente nero in modo da ottenere tutte le
sfumature del grigio a seconda delle quantità di bianco sovrapposto. Gli
smalti opachi, essendo tali, sono coprenti e quindi è necessaria una sola
smaltatura: il disegno sarà realizzato quindi al tratto non potendo
sfruttare la trasparenza. Anche il grado di cottura e inferiore a quello
della smalto traslucido. I primi esempi di smalto li troviamo a Cipro
versa il XIV secolo a.C. e quindi nell'epoca Micenea in Grecia ed in
Egitto: si tratta di lamine d'oro cloisonné, o filigranato con pietre
colorate allo scopo di dare nota di colore al metallo prezioso. Nell'epoca
classica in Grecia si impiega lo smalto fuso su oro, procedimento che i
Romani applicano poi anche al bronzo. E però merito della cultura
bizantina, tra il VII e il XII secolo, la diffusione della smalto che
applica con esiti altissimi all'oreficeria sacra e profana. Sono purtroppo
pochi gli esempi che ci restano, risalenti alla crisi iconoclastica dell'
Vlll-IX secolo, e per di più i provenienti da aree geografiche non
bizantine (Gallia, Italia, Siria). Dal X secolo però si affermano nel
bacino mediterraneo ed in Europa le botteghe costantinopolitane, seguite
in base al loro modello, da botteghe carolinge: in Lombardia ad esempio
viene realizzato il famoso <Paliotto>
di S. Ambrogio, a Milano, a Roma e la croce di Papa Pasquale, e cosi in
Francia. Nel periodo ottoniano anche la Germania (Trevi, Ratisbona)
presenta pregevoli esempi di smalti, derivati comunque da modelli e stilemi bizantini. Tale prevalenza delle botteghe costantinopolitane si
estende a tutto il XII secolo, favorita in più dalla dispersione del
tesori d'arte della città per tutto l'Occidente, in seguito al saccheggio
seguito alla Quarta Crociata del 1204. Proprio da questa razzia proviene
buona parte degli smalti impiegati nella famosa <Pala d'Oro
> della basilica di San Marco a Venezia.
Nel corso del XII secolo la
tecnica debbo smalto si perfeziona e affina, con l'introduzione dello
champlevé, che segna il prevalere dello smalto sul metallo, fino al punto
di farlo scomparire dalla figurazione. Proprio con questa tecnica si
affermano in Europa le botteghe tedesche del Rena e della Mosa:
soprattutto quest'ultima si distingue per il tentativo di modernizzare gli
stilemi bizantini introducendo nello smalto motivi della contemporanea
produzione miniaturista. Da segnalare nella scuola mosana Godefroid Huy,
attivo nella seconda metà del XII secolo (Trittico della Passione,
Victoria and Albert Museum Londra), e Nicolas de Verdun, che allo smalto
fa però prevalere la scultura (Reliquiario di Colonia). Da queste
botteghe uscivano oggetti liturgici (calici, pissidi, reliquiari, turiboli
ecc.) e prodotti d'uso domestico a personale (cofanetti, fibbie, bacili,
brocche ecc.). Potevano anche essere realizzate singole placchette, poi
adattate a croci, coperte di messali ecc.: famosa la placca tombale di
Goffredo Plantageneto (1158-1168), del Museo di Le Mans, primissimo lavoro destinazione privata della scuola francese di
Limoges, allorché proprio
grazie all'appoggio della famiglia dei Plantageneti, si stava affermando
nella tecnica dello champlevé. Questa scuola, rispetto alba tedesca, Si
distingue per un più raffinato gioco coloristico tra oro e smalto bleu;
nel ciborio del Museo del Louvre di Parigi, firmato dal <Magister
G.Alpais>, ove lo smalto fa da sfondo a figure lasciate in oro i cui volti però
sono in fusione e cesello, applicati successivamente.