Lo smalto: tecnica e storia 3

Home
Profilo biografico
Testimonianze
Opere
L'arte dello smalto
Itinerario a Padova
Bibliografia

 


  Via San Pietro 43
  35100 Padova
  tel. 049 8751117
  depoli@dei.unipd.it

LO SMALTO: TECNICHE E STORIA. Testo di Pier Luigi Fantelli.  (parte terza)

SMALTO TRASLUCIDO E DIPINTO. Alla tecnica dello smalto dipinto appartiene la <bassetaille> o  smalto traslucido, ottenuto quando si opera su di una lastra in argento od oro, mediante incisione a bassorilievo. Su questo disegno si applica uno strato di smalto trasparente che permette al disegno di trasparire. Più strettamente pittorica è invece l'operazione dello smalto dipinto vero e proprio, che può anch'esso essere trasparente od opaco. Per lo smalto traslucido si usa in genere una placca di rame di circa 3-5 millimetri di spessore, resa convessa (bombata) con battitura per rafforzarla ed impedire il più possibile la deformazione dovuta alle successive cotture. Si sgrassa quindi con acidi e si passa su di essa una spolverata di smalto fondente che, cotto, costituisce la base della pittura. Su di essa si opera direttamente con un pennello, e colon vetrificabili; oppure vi si stende una foglia d'argento gualcita e perforata onde consentire all'aria sottostante di fuoriuscire e favorire cosi la dilatazione. La foglia ha la funzione di differenziare la base coloristica, generalmente intonata in rosso per essere in rame: Si otterranno sfumature particolarmente fredde e lunari. I colon impiegati nello smalto traslucido sono anch'essi ossidi metallici, reagenti in differenti modi al fuoco ed ognuno con un proprio grado di cottura. Di questo fattore è necessario tener canto nella stesura, partendo quindi dai colon con grado di fusione più elevato che, essendo poi traslucidi, interagiranno tra loro per riflessione. Per effetti più naturalistici viene utilizzato, soprattutto in Francia, il così detto <blanc de Limoges>, che viene realizzata su fondente nero in modo da ottenere tutte le sfumature del grigio a seconda delle quantità di bianco sovrapposto. Gli smalti opachi, essendo tali, sono coprenti e quindi è necessaria una sola smaltatura: il disegno sarà realizzato quindi al tratto non potendo sfruttare la trasparenza. Anche il grado di cottura e inferiore a quello della smalto traslucido. I primi esempi di smalto li troviamo a Cipro versa il XIV secolo a.C. e quindi nell'epoca Micenea in Grecia ed in Egitto: si tratta di lamine d'oro cloisonné, o filigranato con pietre colorate allo scopo di dare nota di colore al metallo prezioso. Nell'epoca classica in Grecia si impiega lo smalto fuso su oro, procedimento che i Romani applicano poi anche al bronzo. E però merito della cultura bizantina, tra il VII e il XII secolo, la diffusione della smalto che applica con esiti altissimi all'oreficeria sacra e profana. Sono purtroppo pochi gli esempi che ci restano, risalenti alla crisi iconoclastica dell' Vlll-IX secolo, e per di più i provenienti da aree geografiche non bizantine (Gallia, Italia, Siria). Dal X secolo però si affermano nel bacino mediterraneo ed in Europa le botteghe costantinopolitane, seguite in base al loro modello, da botteghe carolinge: in Lombardia ad esempio viene realizzato il famoso <Paliotto> di S. Ambrogio, a Milano, a Roma e la croce di Papa Pasquale, e cosi in Francia. Nel periodo ottoniano anche la Germania (Trevi, Ratisbona) presenta pregevoli esempi di smalti, derivati comunque da modelli e stilemi bizantini. Tale prevalenza delle botteghe costantinopolitane si estende a tutto il XII secolo, favorita in più dalla dispersione del tesori d'arte della città per tutto l'Occidente, in seguito al saccheggio seguito alla Quarta Crociata del 1204. Proprio da questa razzia proviene buona parte degli smalti impiegati nella famosa  <Pala d'Oro > della basilica di San Marco a Venezia.
Nel corso del XII secolo la tecnica debbo smalto si perfeziona e affina, con l'introduzione dello champlevé, che segna il prevalere dello smalto sul metallo, fino al punto di farlo scomparire dalla figurazione. Proprio con questa tecnica si affermano in Europa le botteghe tedesche del Rena e della Mosa: soprattutto quest'ultima si distingue per il tentativo di modernizzare gli stilemi bizantini introducendo nello smalto motivi della contemporanea produzione miniaturista. Da segnalare nella scuola mosana Godefroid Huy, attivo nella seconda metà del XII secolo (Trittico della Passione, Victoria and Albert Museum Londra), e Nicolas de Verdun, che allo smalto fa però prevalere la scultura (Reliquiario di Colonia). Da queste botteghe uscivano oggetti liturgici (calici, pissidi, reliquiari, turiboli ecc.) e prodotti d'uso domestico a personale (cofanetti, fibbie, bacili, brocche ecc.). Potevano anche essere realizzate singole placchette, poi adattate a croci, coperte di messali ecc.: famosa la placca tombale di Goffredo Plantageneto (1158-1168), del Museo di Le Mans, primissimo lavoro destinazione privata della scuola francese di Limoges, allorché proprio grazie all'appoggio della famiglia dei Plantageneti, si stava affermando nella tecnica dello champlevé. Questa scuola, rispetto alba tedesca, Si distingue per un più raffinato gioco coloristico tra oro e smalto bleu; nel ciborio del Museo del Louvre di Parigi, firmato dal <Magister G.Alpais>, ove lo smalto fa da sfondo a figure lasciate in oro i cui volti però sono in fusione e cesello, applicati successivamente.